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LA SALINA DI MARGHERITA DI SAVOIA NEL PASSATO 

raccolta del sale nelle saline di margherita di savoiaIn antichità il sale si formava in modo spontaneo all’interno di conche cioè depressioni del terreno argilloso lungo la costa. In età preistorica il Cervaro, il Candelabro e il Carapelle erano fiumi torrentizi che, trasportando una grande quantità di detriti, col passare del tempo provocarono la formazione di tanti isolotti paralleli alla costa dando vita ad una laguna. A questi detriti si aggiunsero altri provenienti dal moto ondoso delle correnti marine che si depositarono tra gli isolotti della laguna formando un cordone dunale ininterrotto che diede vita al lago Salpi.

Nel 700 la salina occupava solo l’estremità più meridionale del lago Salpi che veniva indicato come PANTANO DI SALPI a causa delle sue acque basse fangose e quasi stagnanti che a lungo andare avrebbero provocato una moria di pesci. Quindi, per assicurare il ricambio e la circolazione dell’acqua fu scavata a Torre Pietra una seconda foce di collegamento con il mare; per questo motivo la foce già esistente fu denominata FOCECCHIA, che vuol dire foce vecchia. Inoltre, fu scavato un canale comunicante con il Carapelle, detto CARAPELLOTTO che immetteva le acque dolci nel lago. Era possibile che il processo di cristallizzazione del sale fosse compromesso dalle tracimazioni a nord del lago Salpi a cui si pose rimedio con la costruzione di un muraglione a ridosso dell’argine e a sud dal fiume Ofanto le cui piene vennero bloccate scavando un canale chiamato FOSSO CAPUTO.

Alcune vasche presenti ancora oggi testimoniano le preistoriche origini della salina di Margherita di Savoia: le VASCHE NAPOLETANE. Si tratta di due cabalette circolari scavate su una piattaforma di pietra nell’Età del Bronzo impiegate per lo scolo dei sali di magnesio, più amari, dai cumuli di sale.

trasporto del sale con carrelli nelle saline di margherita di savoiaLa prima testimonianza grafica dell’esistenza della salina e della relativa produzione è rappresentata dalla TAVOLA PEUNTIGERIANA  ossia una riproduzione medievale che rappresenta l’impero romano del sec. III d. C.. in questa tavola vi è un chiaro riferimento all’antico centro abitato denominato SALINIS. Nel sec. XII le saline erano sotto la giurisdizione di Canne e perciò denominate SALINAE CANNARUM. Quando i cannesi crearono il borgo di s. Giacomo a Barletta nei pressi della zona Ponente, i salinari vi si rifugiarono per sfuggire alle epidemie che si verificavano a causa del PANTANO DI SALPI continuando però l’attività di raccolta e commercializzazione del sale. Nel 1294 il territorio di Canne e di conseguenza le saline furono annesse a Barletta, assumendo così la denominazione di SALINE DI BARLETTA. Altre rappresentazioni grafiche dettagliate della salina si sono avute nei secc. XVI, XVII, XVIII, quando sotto il dominio della famiglia reale assunsero il nome di REGIE SALINE.

Tra i secc. XVII – XVIII i salinari tornarono nel loro territorio d’origine creando un villaggio costituito da pagliai cioè povere dimore fatte in paglia, fango e canne nella zona che tuttora proprio per l’antica presenza dei pagliai viene chiamata PIZZO PAGLIAIO. I rari edifici in muratura, la chiesa del Ss. Salvatore e le case degli “officiali regi” sorgevano vicino alla TORRE DELLE SALINE. Dalla metà del sec. XVIII a oggi il lago fu bonificato e trasformato per la maggior parte nella salina attuale. Nel 1879 il paese assunse il nome di Margherita di Savoia in onore della sposa di Umberto I.

Nel 700 – 800 le Regie Saline di Barletta erano divise in quattro zone delle “bande”: IMPERATRICE, REALE, ARMELLINA e CAPPELLA. La banda Cappella era la più antica e corrisponde al nucleo originario delle saline; questa però era la meno produttiva perché era strutturata male e il sale era di cattiva qualità; inoltre era più alta rispetto alle altre e dunque occorreva molta manodopera per inondarla. Nel sec. XX la banda Cappella fu trasformata in terreno edificabile (dal municipio vecchio al Torrione). Ogni banda era suddivisa in vasche chiamate VASI che avevano funzioni diverse e, quindi, denominazioni diverse: SCALDATI, CONSERVE, SERVITRICI e CAMPI.


ANTICO PERCORSO DELL’ACQUA NELLA SALINA E TRASPORTO DEL SALE TRA I SECC. XVIII – XIX

imbarcazioni a vela, libi, per il trasporto del saleL’acqua marina entrava in salina tramite la foce immissaria collocata in corrispondenza di Porto Canale detta FOCE DEL PONTICELLO, aperta nei mesi di aprile e maggio. L’acqua veniva spostata negli SCALDATI che avevano la funzione della I zona evaporante di oggi. Quando il passaggio dell’acqua non era facilitato dal dislivello naturale del terreno veniva utilizzato uno strumento chiamato SCIORNO, macchinario che veniva azionato a braccia e richiedeva un notevole sforzo per utilizzarlo. L’acqua veniva trasferita, attraverso canali detti VALLATI, nei VASI DI CONSERVA in cui venivano convogliate anche le acque dell’anno prima, appositamente conservate nei CAMPI (caselle salanti). Successivamente l’acqua passava nelle SERVITRICI che come oggi avevano la funzione di servire i CAMPI. Nei mesi di luglio e agosto i salinieri frantumavano la crosta di sale con i ROMPITURI (zappe) e ammucchiavano il sale formando delle piccole piramidi. Il sale veniva poi trasportato a spalla con sacchi o ceste fino agli ammassamenti.

Il sale veniva poi trasportato dalle masse alla spiaggia dai CAVALLARI ossia i proprietari dei cavalli alla guida dei carretti. Gli SGUAZZATORI caricavano i sacchi di sale su piccole imbarcazioni a vela dette LIBI, guidate dai LIBAIOLI che portavano il sale ai velieri ancorati al largo a causa del basso fondale.

LUIGI VANVITELLI

Vanvitelli fu un grande artista in tutti i campi, dalla pittura all’ingegneria, infatti fu l’autore del progetto della Reggia di Caserta. Nel 1754 ricevette l’incarico di ammodernamento delle Regie Saline da Carlo III di Borbone, re di Napoli, che riacquistò le saline di Barletta precedentemente di proprietà privata. A quel tempo le saline non erano così produttive come lo sono oggi anche a causa dell’impiego di tecniche rudimentali che puntavano per lo più sulla forza fisica umana e per le dimensioni ridotte della superficie.

Dunque Vanvitelli avanzò alcune proposte riguardanti:

  • la risistemazione delle vasche eliminando gli isolotti di terra;
  • il livellamento del fondo e il consolidamento della base degli argini di argilla inserendo una fila di tufi;
  • alberatura della strada che costeggiava le masse di sale, in maniera tale che i salinieri vi trovassero riparo dal sole;
  • miglioramento dell’approvigionamento idrico e movimentazione delle acque con l’apertura di una nuova foce immissaria in corrispondenza di “Fosso Caputo”;
  • prolungamento del muraglione che separava le saline dal lago Salpi;
  • apertura annuale della foce di Torre Pietra per favorire il ricambio delle acque del lago Salpi.

La più grande rivoluzione tecnologica introdotta da Vanvitelli fu la sostituzione degli SCIORNI con le COCLEE DI ARCHIMEDE (chiamate TROMBE) con il vantaggio di riuscire a sollevare più facilmente l’acqua con minore fatica, superando i dislivelli tra gli SCALDATI e i CAMPI con una conseguente riduzione di manodopera.


VINCENZO PECORARI

ammassamento del saleNel 1760 Vincenzo Pecorari prese il posto del padre Carlo nella direzione delle Regie Saline di Barletta. Anche Pecorari apportò un notevole contributo alla salina curando il rifacimento delle siepi e del fondo dei canali, sostituendo il tufo alla pietra; inoltre realizzò la quinta banda denominata REGINA in onore della sposa del re Ferdinando IV di Borbone. Questa banda fu particolarmente produttiva perché aveva il fondo ben livellato ed impermealizzato. Con l’estensione meridionale della salina si creò l’esigenza di aprire una nuova foce immissaria, come già proposto da Vanvitelli, per insufficienza di apporto idrico dalla foce del Ponticello. Questa nuova foce chiamata FOCE DEL CANCELLO fu scavata in corrispondenza del vecchio municipio e prese il nome dal cancello, situato sul ponte, che veniva chiuso tutte le sere per evitare il furto del sale. Dopo che furono attuati questi cambiamenti la configurazione territoriale delle saline e del lago Salpi restò invariata fino al 1830 quando cominciò a maturare l’idea della bonifica del Salpi.

La bonifica si era resa necessaria per diversi motivi:

  • sempre più detriti del Carapelle e del Carapellotto si erano depositati sul fondo insieme al fango riversato dai contadini che liberavano i campi inondati dai fiumi in piena;
  • la riduzione del fondale del lago comportava surriscaldamento ed evaporazione delle acque con conseguente moria dei pesci;
  • la salificazione sulle sponde basse del lago comportò la formazione del SALICELLO con conseguente commercializzazione in concorrenza con il sale prodotto in salina;
  • le acque torbide e stagnanti favorirono la proliferazione della zanzara anofele portatrice di malaria.

La salina dopo essere tornata privata fu acquistata dallo stato nel 1814, quando la lotta al contrabbando del sale diventava più incalzante.

Nel 1838 per far fronte a questa serie di problemi intervenne Carlo Afan de Rivera che propose un progetto contenuto in un libro da lui scritto che prevedeva:

  • il riempimento delle estremità meno profonde del lago grazie alla costruzione di argini di terra;
  • l’apertura delle foci emissarie di CANNETO, FOCECCHIA, TORRE PIETRA e CARMOSINA che avrebbero permesso il continuo ricambio delle acque con conseguente allontanamento del fango dal fondo.

operai al lavoro per la raccolta del saleIn questo modo il lago diventava più profondo, pescoso e meno idoneo allo stanziamento della zanzara anofele; inoltre veniva rallentata anche la produzione del salicello. Dopo la morte di de Rivera (1852) la parte del Salpi non occupata dalla salina fu prosciugata. Nel suo libro de Rivera dedica anche una parte alle misere condizioni degli abitanti delle saline: essi vivevano sotto un regime di polizia, all’interno di pagliai, circondati dalle acque con un’economia basata, oltre che sulla salina, sulla coltivazione degli arenili (campi di sabbia in cui crescevano ortaggi, frutta, legumi e bambagia). Siccome le arene erano compromesse dall’erosione del mare e gli incendi dei pagliai erano sempre più frequenti i salinari si ritrovarono senza terra e dimora. Per questo nel 1847 i Borbone trasferirono le famiglie povere nell’entroterra fondando l’attuale San Ferdinando. Le vie di comunicazione erano precarie, quasi inesistenti, infatti, bisognerà attendere il 1870 per assistere alla costruzione di nuove vie stradali e ferroviarie. Gli investimenti stradali portarono alla bonifica e all’estensione della superficie della salina, ad innovazioni tecnologiche e incrementarono la produzione.

Alla fine del sec. XIX furono introdotte numerose innovazioni:

  • La RUOTA IDROVORA AD ALIMENTAZIONE EOLICA simile ad un mulino a vento, alta m 15 formata da un castello di acciaio sormontato da una volanda, formata a sua volta da quaranta vele e collocata vicino alla foce Ponticello per far fronte all’insufficienza dell’impiego delle coclee di Archimede derivante dall’interramento della foce immissaria Cancello;
  • La POMPA ASPIRANTE PREMENTE che veniva azionata da una locomobile a vapore alimentata a carbone, sostituendo il lavoro manuale;
  • Un MULINO A VAPORE per la macinazione e lavorazione del sale;
  • Un OPIFICIO;
  • Un OFFICINA per la riparazione delle macchine;
  • Un MAGAZZINO;
  • La CASERMA delle guardie;
  • La DIREZIONE della salina.
  • Una LINEA FERROVIARIA interna alle saline che percorreva l’attuale via Africa Orientale.


NOVECENTO

salinieri al lavoro nelle saline di margherita di savoiaLa trasformazione definitiva del lago Salpi in salina può essere divisa in tre periodi che vanno da Fascismo fino alla fine degli anni ’50.

- PRIMO PERIODO (1900 – 1912)

Nuovi finanziamenti statali permisero di trasformare in salina i restanti 875 ettari del Salpi, ampliando ulteriormente la superficie della salina che includeva una parte consistente dell’attuale zona salante “SALPI VECCHIO”. Fu ampliata inoltre la foce Ponticello dando vita a Porto Canale, nuovo punto di imbarco del sale.

Il trasporto del sale non avveniva più per mezzo dei cavallai ma su vagoni ferroviari grazie al prolungamento della ferrovia fino all’AIA PETTIGLIO. Questo ampliamento creò l’esigenza di scavare una nuova foce immissaria detta FOCE NUOVA e situata vicino al porto.

- SECONDO PERIODO (1913 – 1930)

Le saline di Margherita di Savoia vennero potenziate al massimo perché in previsione di guerra il trasporto del sale sarebbe risultato meno rischioso rispetto a quello delle isole che avveniva via mare e, dunque, era più soggetto a controlli.

Nel 1929 venne trasformata la restante area del lago Salpi nell’attuale zona evaporante, perciò chiamata SALPI NUOVO.

- TERZO PERIODO (dal 1959 ad oggi)

In questo periodo ci fu l’acquisizione dell’area ALMA DANNATA, fino ad allora asciutta, che venne allagata e trasformata nella prima zona evaporante della salina attuale. Quest’ultimo ampliamento e la meccanizzazione avvenuta negli anni ’60 portò al raddoppio della produzione.

 

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